Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 11 giugno 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Il racconto incredibile della pesca mediante cavalli di anguille elettriche in Sud America, a cui aveva assistito Alexander von Humboldt nel 1800, ha trovato una conferma scientifica. L’esploratore, naturalista e botanico tedesco Friedrich Heinrich Alexander Freiherr von Humboldt, partito a bordo della nave Pizarro per un viaggio che lo portò a scoprire un canale naturale fra Orinoco e Rio Negro, la cui esistenza era dibattuta e controversa, nel marzo del 1800 fu testimone di uno spettacolo stupefacente. Sette anni dopo, il naturalista di Berlino pubblicò il racconto di una straordinaria pesca effettuata impiegando una mandria di cavalli: dei pescatori sudamericani avevano trovato il modo di catturare delle gustose anguille che si comportavano come singolari creature dotate del potere quasi magico di produrre scariche elettriche contro estranei minacciosi (von Humboldt A., Fishing with horses, Ann Phys 25: 34-43, 1807). Durante la stagione più calda, gli specchi d’acqua erano e sono quasi prosciugati e trasformati in pozze fangose; in queste condizioni le anguille dotate di organo elettrico, note con il nome scientifico di Electrophorus electricus, a rischio di essere predate diventano particolarmente reattive.

Secondo il racconto di Alexander von Humboldt, la strategia impiegata dai pescatori locali consisteva nel condurre i cavalli nella pozza d’acqua, provocare le anguille ad attaccare e premerle contro i cavalli mentre scaricavano. Quando si aveva l’esaurimento funzionale della capacità elettrica, le anguille potevano essere impunemente raccolte. Questo racconto, che ha contribuito alla fama internazionale del naturalista tedesco, è stato riportato ed illustrato in moltissime pubblicazioni. Nel corso dei successivi 200 anni, però, non essendo stato più osservato nulla di simile, i biologi sono divenuti scettici circa la possibilità che tale racconto fosse realmente fondato.

Kenneth C. Catania del Dipartimento di Scienze Biologiche della Vanderbilt University di Nashville (USA) ha osservato e studiato un comportamento difensivo che supporta la veridicità del racconto di von Humboldt. Il comportamento consiste in un approccio con salto fuori dall’acqua, durante il quale l’Electrophorus electricus preme il mento contro un minaccioso conduttore, scaricando elettricità di alto voltaggio. L’effetto è “cortocircuitare” l’organo elettrico attraverso l’elemento estraneo minaccioso, con una crescita del voltaggio delle scariche proporzionale all’altezza del salto. Un tale comportamento spiega la pesca con i cavalli e rende il racconto assolutamente verosimile.

Per concludere, una curiosità: poiché gli autori hanno postato su YouTube un video che ha fatto il giro del mondo ed è stato ripreso da vari siti di news, anche la RAI ha trasmesso questo risultato come una “notizia” che, grazie ad un redattore semianalfabeta, si è trasformata in modo assolutamente divertente: von Humboldt è diventato sudamericano, il 1800 è definito XVIII invece che XIX secolo ma, soprattutto, la pesca delle anguille è diventata un “assalto mortale ad una mandria di cavalli” (RAI news scienza 08 giugno 2016). Per rendersi conto di quanto invece è stato pubblicato basta leggere: Kenneth C. Catania, Leaping eels electrify threats, supporting Humboldt’s account of a battle with horses PNAS USA doi: 10.1073/pnas.1604009113, 2016.

 

Al di là dell’occhio: misteri evolutivi della percezione extra-oculare della luce.  Porter del Dipartimento di Biologia dell’Università delle Hawai a Manoa (Honolulu) ha pubblicato un interessante stato della ricerca sulla percezione extra-oculare della luce. I meccanismi molecolari per rilevare la luce usati dai sistemi biologici sono diversi, con almeno 10 classi di fotosensori proteici ed altri domini fotosensitivi recentemente caratterizzati. Almeno 6 di queste classi di proteine sono espresse al di fuori dell’occhio in organismi provvisti di un sistema visivo. Queste 6 classi di fotosensori non oculari si possono dividere in 4 grandi gruppi: 1) Proteine 7-TM; 2) Criptocromi; 3) Canali ionici; 4) Adenilil-ciclasi. Le funzioni accertate che dipendono dalla rilevazione della luce da parte di queste molecole sono varie e vanno dalla sincronizzazione dei processi biologici con la rotazione della terra, al comportamento fototattico. Le similarità nei motivi strutturali di proteine evolutesi indipendentemente sono stupefacenti. Lo studio evoluzionistico di tutte le proteine fotosensibili, particolarmente quelle delle linee microbiche, offre un’immagine di flessibilità non comune, con esempi di proteine di fusione originate da molti tipi di fotosensori e domini fotosensitivi condivisi da diversi insiemi di polipeptidi. Per la maggior parte di queste molecole è ancora un mistero come abbiano evoluto la sensibilità alla luce, come le onde elettromagnetiche materialmente interagiscano con la struttura del composto e, soprattutto, come avviene la trasduzione del segnale [Cfr. Integr Comp Biol. – pii:icw052 Jun 1, 2016].

 

L’abuso di cocaina ha condizionato una straordinaria diffusione multifocale di un pioderma gangrenoso. Un caso eccezionale di diffusione e di refrattarietà alla terapia di un pioderma gangrenoso è stato descritto da Baliu-Piqué e Mascarò dell’Università di Barcellona in una donna di età media che fa uso di cocaina. Il complicato controllo della patologia ha richiesto la completa astinenza dalla droga. [V. Astralas J Dermatol. – Epub doi: 10.1111/ajd.12498, 2016].

 

Conseguenze degli attuali stili di vita sulla salute neuropsichica e generale. La deprivazione intermittente di sonno e la scarsa masticazione del cibo sono due frequentissime abitudini della vita moderna. La prima causa uno stato iper-noradrenergico ed ipo-dopaminergico della corteccia frontale, che assomiglia a quella del disturbo dell’attenzione con iperattività (ADHD). La seconda può comportare iperglicemia ed ipertensione [Cfr. Yakugaku Zasshi 136 (6): 895-904, 2016].

 

Gli uccelli riconoscono il ritmo e possono riprodurre uno schema ritmico? La capacità di riprodurre una sequenza ritmica fa parte delle abilità ordinariamente esaminate per valutare lo sviluppo psicomotorio del bambino e, anche se non si conoscono le ragioni neurobiologiche del suo stretto legame con la cognizione, è evidente la sua importanza come indice di un alto livello di integrazione neurofunzionale (G. Perrella). Considerata la somiglianza strutturale del canto degli uccelli con il linguaggio verbale umano e la capacità di pronunciare parole e di imitare la prosodia umana di alcune specie aviarie, fra cui vari tipi di pappagalli, la valutazione della possibilità che tali animali possano come noi percepire ed imparare delle configurazioni ritmiche è sicuramente molto stimolante. Ten Cate e colleghi di un gruppo di ricerca olandese hanno provato ad accertare proprio la presenza di tale abilità nei volatili. A tal fine, i ricercatori hanno analizzato gli studi principali condotti finora in questo campo ed hanno effettuato nuovi esperimenti con uccelli cantori e pappagalli. Da tutto quanto è emerso concludono che, fatta eccezione per alcune specie di grandi pappagalli, vi sono evidenze molto limitate della percezione della regolarità di un battito ritmico da parte degli uccelli e della reale capacità di apprenderlo come tale. [Cfr. Front Psychol. - Epub ahead of print doi:103389/fpsyg.2016.00730.eCollection, 2016].

 

Gli individui scuri sono più volitivi ed attivi di quelli chiari? Tra i vertebrati è stato spesso rilevato che gli individui più pigmentati presentano uno “stile proattivo”, caratterizzato da una maggiore attività e tendenza ad affrontare rischi, mentre quelli più chiari si caratterizzano per uno “stile reattivo”, ossia meno intraprendente e più cauto. In alcune osservazioni, i soggetti scuri apparivano spontaneamente portati ad agire, mentre quelli chiari sembravano attivi solo per effetto di reazione. Ricercatori spagnoli, tedeschi e olandesi hanno esplorato in una specie di passeracei la validità di questo assunto ed hanno rilevato che, se in uno stesso individuo l’intensità della colorazione poteva avere una debole correlazione con l’entità della tendenza esplorativa, nel paragone inter-individuale la correlazione veniva a cadere. Pertanto, almeno in una specie di uccelli per molti versi rappresentativa, l’associazione fra pigmentazione e stile cognitivo non ha trovato conferma [In Nicolaus M., et al. J Evol Biol. doi: 10.1111/jeb.12907, 2016].

 

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BM&L-11 giugno 2016

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